Donna perbene trattata da delinquente, l'amica di Rosso in Aula. "Mio marito non c'entra niente"
«Pensavo fossero dei disperati. E a quella gente lì, se li tocchi nei soldi, va a finire che ti fanno dei dispetti. Dissi a Rosso, «non ce li togliamo con mille euro». Viterbo si presentò nel mio studio, batteva i pugni. Urlava che i soldi o me li dava Rosso o glieli avrei dovuti dare io». È un passaggio della lunga dichiarazione spontanea di Enza Colavito, imputata al processo Carminius, che da ieri è ripreso ad Asti davanti al collegio presieduto dal giudice Alberto Giannone. L’imprenditrice amica di Roberto Rosso, difesa dall’avvocato Alessandro Paolini, è accusata (con il politico) di scambio elettorale politico mafioso. Ieri ha respinto ogni addebito, premettendo: «Volevo chiedere scusa perché non mi sono sottoposta ad esame. Ho avuto paura. All’interrogatorio ero stata denigrata, appellata come bugiarda, faccendiera e spietata. Non sono una delinquente». Il giudice Giannone le ha ricordato: «Tenga conto che non può accusare altre persone di reati che non hanno commesso». «Non ho accusato nessuno – ha risposto Colavito – ma mi sono sentita trattare come una delinquente e sono una persona perbene: questa cosa mi ha fatto male». Rispetto al fatto contestato, di avere presentato Onofrio Garcea e Francesco Viterbo (condannati in primo grado per ‘ndrangheta) a Roberto Rosso, candidato alle regionali nella primavera del 2019, Colavito ha spiegato di non avere mai conosciuto prima di allora Viterbo e Garcea, che a lei erano parsi “dei disperati”. «Organizzai una merenda per Rosso – ha raccontato Colavito – chiesi a tutti di portare gente. Chiamai anche Carlo De Bellis (imputato, ndr) e lui portò Garcea e Viterbo. Mi dissero che avevano piacere di fare la campagna per Rosso, puntando sui quartieri popolari». La procura crede che i voti promessi da Garcea e Viterbo sarebbero costati al politico 50mila euro. Le difese negano. «Dopo le elezioni – ha dichiarato Colavito – loro due vennero a dirmi che Rosso doveva loro dei soldi, che avevano fatto la campagna, speso soldi per benzina e manifesti». «Mio marito, che è un ex carabiniere – ha concluso Colavito – non conosceva queste persone. Non li ha mai visti, eccetto che durante la campagna. Non appartiene proprio a questa storia».
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